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Cori, bande e filodrammatiche alla luce delle recenti novità normative

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I cori, le bande e le filodrammatiche sono specie del più ampio genere delle associazioni culturali, molto diffuse nel nostro Paese.

 

Il legislatore, pur non avendole tipizzate o riconosciute, le ha individuate come destinatari di due provvedimenti molto importanti.

 

Il primo, l’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir, noto essenzialmente per la disciplina fiscale dei compensi per attività sportive dilettantistiche, trova, infatti, applicazione anche nei confronti dei rimborsi forfettari di spesa, indennità di trasferta, compensi e premi erogati a direttori artistici e collaboratori tecnici di cori, bande e filodrammatiche.

 

Il legislatore aveva, poi, utilizzato una terminologia simile (“associazioni bandistiche, cori amatoriali, filodrammatiche di musica e danza popolare legalmente costituite senza scopo di lucro”) nell’articolo 2, comma 31, L. 350/2003 estendendo a queste categorie il campo di applicazione della L. 398/1991 (norma che, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 102, comma 2, lett. f, del codice del terzo settore sarà abrogata contestualmente alla entrata in vigore del titolo X del medesimo codice).

 

Il problema di partenza è quello di come meglio individuare, sotto il profilo soggettivo, i destinatari dei citati provvedimenti di favore.

 

Il nostro ordinamento non prevede “registri” pubblici o comunque attestati, conseguiti i quali un ente possa ritenersi ricompreso nelle fattispecie sopra indicate.

 

Generalmente queste realtà ai fini, ad esempio, della applicazione dell’articolo 148, comma 3, Tuir, sono state considerate una specie del più ampio genere delle associazioni culturali, anche queste ultime prive però di riconoscimento formale.

 

La chiave di lettura diventano le finalità sociali. Ove queste contenessero attività coreutiche, bandistiche o teatrali, l’associazione culturale viene ritenuta rispettivamente un coro, una banda o una filodrammatica.

 

Sotto questo profilo anche il codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) nulla chiarisce.

 

Sicuramente queste realtà potranno diventare sia associazioni di promozione sociale che accedere alla sezione del Runts dedicata agli “altri enti” ma sempre senza avere nulla che ci specifichi quando e con quali caratteristiche un ente collettivo del terzo settore possa classificarsi come “coro, banda o filodrammatica” al fine della applicazione, ad esempio, della citata disciplina sui compensi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m, Tuir.

 

Un tentativo di meglio individuare la fattispecie sotto il profilo normativo, almeno per la parte musicale, è presente nel disegno di legge del Senato n. 2123 “Disposizioni concernenti le associazioni musicali amatoriali e agevolazioni fiscali a sostegno della loro attività”, assegnato alle commissioni riunite 6ª (Finanze e tesoro) e 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali) in sede redigente il 5 maggio 2021, laddove si legge, all’articolo 1, quanto segue:

 

“1. Le associazioni musicali amatoriali sono enti collettivi a carattere culturale, costituiti in forma associativa, anche priva di personalità giuridica, che operano senza scopo di lucro con le finalità di diffondere la cultura musicale e di valorizzare e promuovere la musica in tutte le sue forme. Tra le associazioni musicali amatoriali sono ricomprese a titolo esemplificativo e non esaustivo: bande musicali, cori, associazioni e orchestre mandolinistiche, orchestre sinfoniche e gruppi folk.

 

Fatta salva la disciplina prevista dal codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, che continua ad applicarsi alle associazioni costituite ai sensi del medesimo codice, alle associazioni musicali amatoriali di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 2”.

 

L’obiettivo, del tutto condivisibile, che il disegno di legge si propone è quello di meglio definire, pur in assenza di una certificazione pubblica, sotto il profilo soggettivo, quali siano gli enti che possano definirsi associazioni musicali amatoriali (e, di conseguenza, bande o cori) nonché quale disciplina possano applicare in quei casi in cui non accedano, per scelta o per impedimento legislativo,  al Registro unico nazionale del terzo settore (come, ad esempio, nel caso di prevalenza degli elementi nei confronti dei quali sia riconosciuto un compenso o assenza di attività di interesse generale; si pensi al caso di un coro che non svolge concerti aperti al pubblico).

 

Ma se la possibilità di applicazione della L. 398/1991 non crea al momento problemi (in quanto, fino al primo periodo di imposta successivo all’autorizzazione da parte U.E. della disciplina fiscale del codice, comunque, detti enti rientrebbero nella più ampia fascia di soggetti senza scopo di lucro autorizzati all’applicazione della citata disciplina agevolativa ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9 bis D.L. 417/1991 convertito dalla L. 66/1992), si pone il problema relativo alla disciplina agevolativa sui compensi erogati ai direttori artistici e ai collaboratori tecnici.

 

Proseguendo l’analisi avviata col precedente contributo, v’è da dire che si ritiene non fortuito il riferimento al termine “amatoriale” nel disegno di legge del Senato n. 2123 (“Disposizioni concernenti le associazioni musicali amatoriali e agevolazioni fiscali a sostegno della loro attività”) con chiaro riferimento alle c.d. attività sportive amatoriali previste e disciplinate dall’articolo 29 D.Lgs. 36/2021.

 

Si tratta, infatti, di enti senza scopo di lucro che si possono avvalere di prestazioni “amatoriali” da parte di soggetti specificatamente individuati, a carattere consociativo per le quali diventa possibile anche il riconoscimento di una forma di elargizione economica quale rimborso forfettario di spese, indennità di trasferta, premi o compensi a carattere occasionale, sul presupposto, quindi, che la causa del rapporto non sia quella di scambio tipica di un rapporto di lavoro ma il comune intento del raggiungimento delle finalità associative.

 

Del resto non possiamo non tenere conto dell’incipit dell’articolo 67 Tuir, laddove sono considerati redditi diversi se “non sono conseguiti nell’esercizio di arti o professioni … né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente…”.

 

Se questa fosse, come riteniamo, l’interpretazione corretta da dare all’agevolazione in esame alla luce anche di quanto previsto per le attività sportive dal citato D.Lgs. 36/2021, sia nello sport che per cori, bande e filodrammatiche, la conseguenza sarebbe, ai fini della disciplina del terzo settore, la creazione di una situazione “non normata”.

 

Ossia l’esistenza, per questi enti non tipizzati che volessero accedere al terzo settore, di una figura ibrida che non potrà essere ricompresa tra i volontari di cui all’articolo 17 cts, per il carattere non gratuito della prestazione, ma neanche tra i lavoratori di cui al precedente articolo 16, per carenza del presupposto sinallagmatico della prestazione. Sono evidenti i conseguenti problemi sulla sussistenza o meno degli obblighi assicurativi previsti per i volontari.

 

Tale caratteristica appare confermata anche dall’inciso prestazioni di natura non professionale” che le deve caratterizzare ai fini della applicazione della norma in esame.

 

D’altro canto la semplice lettura di due norme costituzionali, il primo comma dell’articolo 37 sulla tutela della maternità e il secondo comma dell’articolo 38 sulle tutele assicurative e previdenziali porta a sostenere che, almeno per quello che riguarda le fattispecie in esame, difficilmente queste possano fare riferimento ad una vera e propria prestazione lavorativa.

 

Se la riforma del terzo settore deve essere ritenuta un lavoro in progress, forse definire tale posizione sarebbe auspicabile al fine di evitare possibili difformità interpretative tra le varie sedi regionali del Runts.

 

Va comunque precisato che, a prescindere dai problemi di inquadramento, non sussiste nessun impedimento per l’ente del terzo settore “banda o coro o filodrammatica” a corrispondere detti emolumenti.

 

Ma le difficoltà ad individuare sotto il profilo soggettivo quali siano i soggette beneficiari della norma non terminano qui.

 

Infatti, si richiede che tali enti debbano perseguire finalità dilettantistiche.

 

Il significato da dare a questo termine, nell’ambito culturale, rimane oscuro.

 

Nel nostro ordinamento non esiste una definizione in positivo di attività dilettantistica. Anche l’articolo 2 D.Lgs. 36/2021, più volte citato, determina il concetto di sport dilettantistico per differenza, ritenendo come tale quello non classificato come professionistico.

 

Probabilmente, per approssimazioni successive (lo sport dilettantistico è caratterizzato dal principio della assenza dello scopo di lucro) si potrà ritenere il termine dilettantistico come equivalente a quello di ente senza scopo di lucro.

 

Ma se così fosse dovrà essere definito un passaggio importante.

 

Alla luce di quanto previsto dall’articolo 149 Tuir e dal titolo X del codice del terzo settore, per la tipologia di attività svolta da cori, bande e filodrammatiche, il rischio che siano da ritenere enti “commerciali” appare alto.

 

In tal caso, ci si chiede, l’ente in esame potrà continuare a corrispondere gli importi concordati applicando le facilitazioni previste dal combinato disposto di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir e all’articolo 69, comma 2, Tuir?

 

La risposta, a mio avviso, non può che essere positiva.

 

Infatti, come confermato anche dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 8182 del 27.04.2020), vanno distinte le caratteristiche dell’ente da quella che è la qualificazione delle attività poste in essere in commerciali o non commerciali.

 

Pertanto, giusto l’insegnamento anche della riforma del terzo settore, l’eventuale ingresso nell’area commerciale può avere delle conseguenze sulla disciplina fiscale applicabile ma non incide sulla natura soggettiva e sui diritti che a questa sono connessi.

 

Rimane, infine, da identificare chi possano essere i soggetti riceventi, ossia quelli che possono rientrare nella categoria dei direttori artistici o collaboratori tecnici.

 

Se pochi dubbi possono esserci sui “collaboratori tecnici”, termine che dovrebbe racchiudere tutti coloro i quali partecipano e rendono possibile la manifestazione artistica (anche se non si comprende, onestamente, perché a loro è concessa e ai i coristi, bandisti o attori no), qualche dubbio ci potrebbe essere sul direttore artistico.

 

Sicuramente vi potrà rientrare il regista dello spettacolo o il maestro del coro o della banda; ma altrettanto sicuramente non vi potrà rientrare l’eventuale prestazione didattica dal medesimo posta in essere.

 

Una delle attività rilevanti per i cori, le bande e le filodrammatiche è proprio quella a carattere formativo.

 

La gestione delle scuole musicali svolta sul territorio dai cori e dalle bande o i laboratori di recitazione delle filodrammatiche sono le realtà che consentono di perpetuare questa importante tradizione culturale.

 

La domanda che ci si pone è quale possa essere l’inquadramento dei docenti delle scuole musicali sotto il profilo giuridico-fiscale e quale possa essere il trattamento dei corrispettivi riscossi dagli iscritti.

 

In assenza di un provvedimento di interpretazione autentica da parte del legislatore (così come è avvenuto con l’articolo 35, comma 5, L. 14/2009 in materia di esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica, e con l’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir che ne ha esteso il contenuto anche alla didattica e alla formazione) si ritiene che per le docenze nell’ambito dell’attività formativa svolta da detti enti non si possa applicare la disciplina agevolata sui compensi appena citata.

 

L’unico documento di prassi amministrativa rinvenuto è l’interpello della direzione regionale della Lombardia n. 904-1157-2017, il quale testualmente recita quanto segue: “assume rilievo quanto riferito dall’associazione sull’attività svolta dal direttore artistico il quale si occupa della formazione musicale degli associati. In proposito occorre osservare che le norme in argomento sono applicabili alle attività svolte dal direttore artistico che prende direttamente parte ad una manifestazione musicale in quanto consistenti in un contributo afferente alla tecnica della medesima manifestazione e non anche a prestazioni didattiche rese nell’ambito della organizzazione di corsi. Ne consegue che i rappresentati compensi erogati al direttore artistico non rientrano nella previsione di cui all’articolo 67 primo comma lett. m) del Tuir e quindi neanche in quella del successivo articolo 69 comma 2 del Tuir”.

 

Sulla base di tale presupposto si pone il problema del successivo inquadramento del docente alla luce dei principi generali del diritto del lavoro.

 

Il Ministero del Lavoro, già con propria comunicazione prot. n. 7/51364/OA-3 del 16.07.1987 ed in particolare con la circolare n. 218 del 14.11.1996 si è espresso su tale materia cercando di individuare criteri uniformi per la valutazione della sussistenza, ai fini contributivi, di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato tra i singoli docenti e i relativi istituti, applicabile anche in riferimento all’attività d’insegnamento effettuata nei circoli culturali.

 

Pertanto, dopo aver premesso la possibilità di costituire rapporti di natura professionale autonoma in relazione a particolari esigenze, il Ministero ha ritenuto che deve escludersi il carattere di subordinazione in presenza dei medesimi elementi obiettivi che sono stati poi ribaditi dalla circolare INPS n. 108/2000, ovvero: mancata imposizione al docente di un orario stabilito da parte della scuola; compenso determinato in relazione alla professionalità ed alle singole prestazioni; assenza di vincoli e di sanzioni disciplinari; libera scelta, da parte del docente delle modalità tecniche per la trattazione degli argomenti; volontà dei contraenti diretta ad escludere la subordinazione.

 

Detti criteri sono stati peraltro ribaditi dalla Direzione Centrale Contributi con la circolare n. 210 del 28.10.1997.

 

Ciò premesso va però ricordata la previsione dell’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015 che prevede quanto segue: si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione  sono  organizzate  dal committente. “

 

La norma citata rende, di fatto, molto difficile poter evitare il rapporto di lavoro subordinato per i docenti delle scuole musicali o dei laboratori teatrali di cori, bande o filodrammatiche.

 

In questo quadro appare, onestamente, quasi una beffa la previsione del secondo comma del citato articolo, laddove alla lett. d-bis) si prevede che tale presunzione di lavoro subordinato non si applica alle collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al D.Lgs. 367/1996, ossia gli enti musicali di prioritario interesse nazionale.

 

Per le fondazioni musicali le prestazioni dei docenti possono rientrare nella collaborazione coordinata e continuativa, anche se con modalità di esecuzione organizzate dal committente; agevolazione non consentita, invece, alle migliaia di bande e cori sparse sul territorio nazionale.

 

Tale aspetto viene ulteriormente aggravato dal fatto che, in molti casi, i docenti dei corsi in esame sono dipendenti pubblici che svolgono questa attività nei loro orari liberi dal servizio.

 

Altro aspetto che viene visto con preoccupazione da parte degli enti in esame è la definitiva entrata in vigore del titolo X del codice del terzo settore (ossia la parte fiscale che entrerà in vigore nel primo periodo di imposta successivo alla autorizzazione UE) che significherà l’abrogazione, nei loro confronti, della decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati da soci e tesserati ai sensi di quanto oggi previsto dall’articolo 148, comma 3, Tuir, fattispecie agevolativa al cui interno, in gran parte, viene oggi fatta rientrare l’attività didattica in esame.

 

Va detto che l’agevolazione in favore dei tesserati per gli organismi nazionali che li raggruppano sparirà completamente.

 

Quella sui corrispettivi specifici potrebbe essere recuperata con l’ingresso, nel terzo settore, della sezione dedicata alle associazioni di promozione sociale.

 

Ma questo “costringerà” comunque ad associare iscritti privi della affectio societatis che dovrebbe contraddistinguere il rapporto associativo, in quanto l’agevolazione permarrebbe solo per gli associati ma non per i tesserati.

 

In più con l’aggravante, in caso contrario, di incorrere nei paletti dell’articolo 149 Tuir e perdere la natura di ente non commerciale a causa dei prevalenti introiti di natura commerciale.

 

Credo che, per evitare una rovinosa interruzione dell’attività di queste realtà, ben farebbe il legislatore ad approvare il disegno di legge sulle associazioni musicali citato nella prima parte di questo contributo.

 


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