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I nuovi adempimenti per le associazioni del terzo settore

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Gli enti che vorranno iscriversi nell’istituendo registro del terzo settore, così entrando a pieno titolo all’interno della riforma recentemente approvata, si dovranno, però, porre il problema dei nuovi obblighi che il codice del terzo settore (d’ora in avanti CTS) impone loro.

 

Il primo appare essere legato alle modifiche statutarie per gli enti già costituiti alla data di entrata in vigore della riforma. Infatti, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 21 l’atto costitutivo deve indicare: “l’assenza di scopo di lucro e le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite, l’attività di interesse generale che costituisce l’oggetto sociale,” – che dovrà, in questo ultimo caso, essere necessariamente ricompresa nelle 26 attività ricomprese nell’articolo 5 del CTS – “il patrimonio iniziale ai fini dell’eventuale riconoscimento della personalità giuridica, le norme sull’ordinamento, l’amministrazione e la rappresentanza dell’ente, i diritti e gli obblighi degli associati …, i requisiti per l’ammissione di nuovi associati … e la relativa procedura  secondo criteri non discriminatori, coerenti con le finalità perseguite e l’attività di interesse generale svolta … le norme sulla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento o di estinzione…”.

 

A questo dettagliato elenco dovremo aggiungere che gli enti del terzo settore dovranno integrare nella loro denominazione sociale l’acronimo ETS (articolo 12 CTS), le organizzazione di volontariato ODV (articolo 32 comma 3) e le associazioni di promozione sociale APS (articolo 35 comma 5). Di tale acronimo si dovrà fare uso negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.

 

Ma la sorpresa maggiore la ricaviamo dalla lettura dell’articolo 25 laddove viene previsto che l’assemblea delle associazioni, riconosciute o non, del terzo settore dovrà, necessariamente, tra le altre, avere competenza (e quindi se ne dovrà disciplinare le procedure) sulla revoca dei componenti degli organi sociali, sulla nomina e revoca del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, se e ove nominato, sulla responsabilità dei componenti degli organi sociali e sulla possibilità di promuovere un’azione di responsabilità nei loro confronti, sulla trasformazione, fusione, o scissione della associazione.

 

Alla luce di quanto sopra appare, pertanto, certa la necessità di mettere mano agli statuti delle associazioni. E qui ci potremo trovare di fronte ad una beffa. Infatti il comma 3 dell’articolo 82 prevede che le modifiche statutarie poste in essere dagli enti del terzo settore allo: “scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni normative” siano esenti dall’imposta di registro. Ma, salvo interpretazioni pro contribuente da parte dell’Agenzia, applicandosi la norma ai soggetti che già fanno parte del terzo settore, la stessa potrebbe non potersi applicare per le modifiche statutarie necessarie ad acquisire i requisiti necessari per accedervi.

 

Va ricordato che, ai sensi dell’articolo 6 del CTS, ove l’associazione voglia svolgere attività “diverse” da quelle di cui al precedente articolo 5, lo potrà fare solo se queste siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale e: “a condizione che l’atto costitutivo e lo statuto lo consentano”.

 

Vengono poi introdotti numerosi adempimenti formali fino ad oggi mai disciplinati nel dettaglio da una norma di legge.

 

Dovrà essere redatto un bilancio, con criteri diversi sulla base del volume d’affari, conforme alla “modulistica definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sentito il consiglio nazionale del terzo settore”. Detto bilancio dovrà essere depositato presso il Registro unico nazionale del terzo settore.

 

In presenza di ricavi superiori ai centomila euro si dovranno pubblicare nel sito internet della associazione “gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati”.

 

Dovrà essere tenuto, ai sensi dell’articolo 17: “un apposito registro” in cui iscrivere i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale.

 

Diventa, infine, ai sensi dell’articolo 15, obbligatoria la tenuta dei libri sociali.

 

Questi consisteranno nel libro degli associati, quello per i verbali delle assemblee, quello per le deliberazioni dell’organo di amministrazione e dell’organo di controllo.

 

Viene precisato che gli associati hanno diritto di esaminare i libri sociali “secondo le modalità previste dall’atto costitutivo o dallo statuto”.

 

Come abbiamo cercato di dimostrare la riforma appare ostica anche in quella che sarebbe dovuta essere, sulla base della legge delega (articolo 2, comma 1, lett. c), L. 106/2016), la necessità di assicurare: “l’autonomia statutaria degli enti”.

 


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