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Il decreto crescita e gli enti non profit

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Il c.d. decreto crescita (D.L. 34/2019, pubblicato in G.U. n. 100 del 30.04.2019) contiene tre articoli che impattano in maniera importante sulla realtà degli enti non profit.

 

Il primo è l’articolo 14 che reintroduce, tra gli enti non commerciali su base associativa che possono continuare a godere della decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati da associati e tesserati ai sensi di quanto previsto dall’articolo 148, comma 3, Tuirgli enti assistenziali.

 

Pertanto questa categoria di soggetti (che sarebbe stato preferibile indicare in maniera più precisa) potrà continuare a godere di detta agevolazione anche quando, entrato in vigore il Registro Unico del terzo settore, la platea dei soggetti non iscritti al Registro che potrà continuare a godere di questa agevolazione si assottiglierà notevolmente.

 

Non può non essere ricordato come questo intervento (che si unisce al precedente che aveva “riallargato” detta agevolazione anche alle strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse”) appare in netta controtendenzarispetto al contenuto del codice del terzo settore che aveva drasticamente ridotto il numero dei soggetti ai quali poter applicare l’agevolazione in esame.

 

Il successivo articolo 35 rivede, invece, in maniera radicale, gli adempimenti di pubblicità dei contributi pubblici ricevuti, introdotti, sia per le imprese che per le associazioni, dalla L. 124/2017.

 

Innanzitutto il termine per la pubblicazione, già a decorrere dal corrente anno, non viene più previsto nel mese di febbraio ma spostato al 30 giugno di ogni anno. Detto termine dovrà essere rispettato anche da parte di coloro i quali abbiano un periodo di imposta non coincidente con l’anno solare.

 

Inoltre, contrariamente alle indicazioni che aveva dato il Ministero del Lavoro (circolare 2/2019non dovranno essere indicati gli importi che abbiano natura “corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.

 

Pertanto dovranno essere indicati sui propri siti internet o analoghi portali digitali, a cura delle “associazioni, onlus e fondazioni” le “informazioni relative a sovvenzionisussidivantaggicontributi o aiuti in denaro o in natura il cui importo totale superi euro 10.000”.

 

Per le società di capitali e le cooperative sportive dilettantistiche nonché per le imprese sociali, sarà necessario distinguere tra quelle tenute alla redazione del bilancio di esercizio e quelle che non sono soggette al medesimo obbligo.

 

Per le prime l’adempimento si intenderà soddisfatto mediante pubblicazione degli importi ricevuti nella Nota integrativa del bilancio di esercizio, per i secondi, in analogia con quanto previsto per gli enti del primo libro del codice civile, la pubblicazione dovrà avvenire sul sito internet o su quello della associazione di categoria di appartenenza dell’impresa.

 

Vengono modificate anche le sanzioni che, in questo caso, coinvolgono anche le associazioni.

 

Modifica che, però decorrerà dal gennaio 2020.

 

Sarà applicata una sanzione pari all’1% degli importi ricevuti con un importo minimo di euro 2.000. Competente ad irrogare la sanzione sarà l’Amministrazione Pubblica che ha erogato il beneficio o, in difetto, il Prefetto del luogo dove ha sede il beneficiario. Con il provvedimento di irrogazione della sanzione viene stabilito altresì il termine entro il quale ottemperare all’obbligo di pubblicazione. Il perdurare dell’inosservanza di detto obbligo nonché il mancato pagamento della sanzione entro il termine di cui al periodo precedente è sanzionato con la restituzione integrale delle somme ai soggetti eroganti entro i successivi tre mesi.

 

Aveva poi fatto scalpore, all’inizio di quest’anno, la norma che aveva esteso la disciplina dei partiti politici alle fondazioni, associazioni e comitati nei cui direttivi partecipassero persone che avevano o avevano avuto incarichi politici.

 

Le conseguenze erano l’accollo di tutta la disciplina sulla attività anticorruzione anche all’intera famiglia degli enti di cui al primo libro del codice civile.

 

L’articolo 43 del decreto interviene per risolvere in maniera solo parziale il problema.

 

Infatti esclude da tale equiparazione gli enti del terzo settore regolarmente iscritti nel registro unico nazionale. Nelle more della attivazione di detto registro potranno godere di tale esclusione gli enti iscritti, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 101, comma 3, del codice del terzo settore ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.

 

Non vi è dubbio che tale definizione coinvolga attualmente le onlus, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che pertanto si potranno ritenere legittimamente escluse dagli adempimenti in esame.

 

Il riferimento agli enti del terzo settore sembra escludere, invece, dall’esonero di detti obblighi le associazioni sportive dilettantistiche. Infatti il registro Coni ha valenza solo di carattere amministrativonon essendo stato approvato con legge dello Stato e, comunque, disciplina soggetti che, sicuramente, non possono essere ritenuti solo come tali, appartenenti al terzo settore.

 

Gli adempimenti, pertanto, che residuano sulle sportive che abbiano un terzo dei membri del proprio direttivo che abbia ricoperto incarichi politici o di governo, anche a livello locale, negli ultimi sei anni appaiono rilevanti e, come giustamente rilevato dalla dottrina “decisamente proibitivi se calati su realtà non profit meno strutturate come ad esempio le associazioni sportive che non si iscriveranno al Runts”.

 


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