Il Ministero del Lavoro, in contemporanea alla discussione in Parlamento del disegno di legge delega per la riforma dello sport, collegato alla Legge di Bilancio 2019, ha attivato un tavolo tecnico, al quale sono stati invitati i rappresentanti sindacali, le associazioni dei giocatori di pallacanestro, calcio, rugby e pallavolo, le leghe di società (calcio, pallacanestro e pallavolo), i rappresentanti dei laureati in scienze motorie, al fine di iniziare a configurare, ai sensi dell’articolo 4 del citato disegno di legge, la nuova disciplina del lavoro nello sport, sia professionistico che dilettantistico.
Alle realtà presenti, dopo un primo incontro conoscitivo, è stato chiesto di formulare proposte ed inviare documentazione entro lo scorso 30 aprile, che il Ministero si sarebbe riservato di valutare e consolidare in un documento unico.
Proviamo ad elencare i punti di sintesi della proposta presentata dalle leghe dilettantistiche maschili e femminili del volley e del basket maschile:
In attesa di verificare quali saranno le reazioni alla proposta presentata dai due sport di squadra più rappresentativi dopo il calcio, la Giurisprudenza prosegue il suo percorso “altalenante”.
Merita menzione una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione.
Con la decisione n. 11492 del 30.04.2019 la Suprema Corte ha respinto il ricorso di una associazione sportiva dilettantistica, avverso la decisione della Corte d’Appello di Genova che l’aveva condannata, a seguito di una verifica ispettiva, al pagamento di contribuzioni e sanzioni nei confronti di quattro istruttori ai quali veniva applicata, per i compensi, la disciplina di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir.
La Corte di legittimità ha respinto il ricorso in quanto ha ritenuto che “una parte dell’attività svolta dalla palestra dell’associazione non fosse di tipo sportivo dilettantistico ma avesse un carattere commerciale e dunque i compensi pagati agli istruttori che tenevamo corsi riferibili ad attività di natura commerciale fossero soggetti a contribuzione”.
La Corte ha poi ribadito che in giudizio risulta a carico della associazione sportiva, secondo il costante insegnamento dei medesimi Giudici, dare: “prova di svolgere la propria attività nel pieno rispetto di tutte le prescrizioni imposte ad esse”.
Se, da un lato, questa lettura che viene data alla norma appare problematica perché rischia di escludere molte fattispecie concrete dalla possibilità di applicare i compensi sportivi, è altrettanto vero che, applicando il ragionamento della Corte a contrariis, viene confermata la possibilità che, in assenza di gestione con modalità commerciali, la disciplina dei compensi sportivi sia applicabile anche a soggetti che lavorano in favore dello sport come attività prevalente, ancorché non esclusiva e che l’opera degli istruttori non sia inquadrabile come rapporto di lavoro subordinato.