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Il registro dei volontari degli enti del terzo settore

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La Direzione Generale del Terzo settore del Ministero del lavoro e delle politiche sociali continua la pubblicazione di note a chiarimento delle modalità di applicazione del codice del terzo settore.

 

Con la nota n. 7180 del 28.05.2021 è intervenuto sull’obbligo previsto dall’articolo 17, comma 1, cts di “iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale”, al fine di confermarne l’esigenza di vidimazione.

 

Purtroppo già qui si perde una prima ottima occasione di chiarire cosa debba intendersi per attività volontaria non occasionale.

 

L’articolo 17 del codice, anche in altro passaggio (comma 6: “ai fini del presente codice non si considera volontario l’associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni”), fa riferimento alla occasionalità che, come è noto, è concetto di difficile traduzione in termini giuridici.

 

L’insieme delle due norme porta a due conseguenze:

 

  • che il volontario occasionale rimane privo di copertura assicurativa
  • e che non entra nel computo della proporzione tra volontari e lavoratori prevista per le odv e le aps.

 

L’assenza di un chiarimento in merito, in special modo per gli aspetti assicurativi, potrebbe essere gravida di conseguenze.

 

Il documento di prassi ricorda poi il decreto ministeriale 14.02.1992 che aveva istituito il registro, allora solo per le organizzazioni di volontariato, che prevedeva l’obbligo della numerazione progressiva delle pagine, la bollatura di ogni pagina nonché l’apposizione della dichiarazione da parte della autorità che aveva bollato le pagine circa il numero complessivo delle stesse.

 

Da ciò, ribadito che dette modalità avevano come obiettivo quello di garantire la veridicità del documento e prevenirne l’alterazione, ricorda che la circostanza che il codice del terzo settore non preveda tali adempimenti “non significa che tali adempimenti non siano più necessari”.

 

La loro previsione è insita nelle disposizioni di attuazione dell’obbligo assicurativo che permane e anzi viene esteso a tutti gli ets che utilizzano volontari.

 

Al momento, per quanto noto, tale adempimento, così come richiesto, potrà essere svolto solo da un notaio con relativi costi a carico del richiedente.

 

L’occasione è ghiotta per fare anche qualche altra considerazione sui volontari.

 

E, più precisamente, il problema che ci si pone è quello di come individuarli.

 

Infatti il comma 2 del citato articolo 17 li descrive come coloro i quali svolgono la loro “attività in favore della comunità e di un bene comune… per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione in modo permanente, spontaneo e gratuito … esclusivamente per fini di solidarietà”.

 

Se tale definizione si adatta perfettamente agli operatori “volontari” degli enti che si occupano di socio assistenziale o di sanitario, diventa “meno facile” adattarla agli operatori delle associazioni culturali o sportive.

 

Infatti, per queste realtà, prevalgono le finalità egoistiche o comunque di soddisfazione personale. Basti pensare anche alla circostanza che la riforma dello sport prevede una categoria di “amatori” assimilabile a quella dei volontari, che, però, possono ricevere riconoscimenti economici fino a 10.000 euro l’anno, a conferma che il concetto di volontariato, per come declinato dall’articolo 17 del codice del terzo settore appare difficilmente applicabile allo sport.

 

In una associazione sportiva (caso classico) in cui associati sono gli atleti (che spesso e volentieri pagano una quota per poter giocare),i tecnici (che invece ricevono compensi per attività sportiva dilettantistica) e il direttivo, rimanente, composto da quattro o cinque persone, è spesso formato da qualche ex atleta e qualche tecnico (lavoratore) appare configurabile la fattispecie di cui all’articolo 35, comma 1, cts per la quale le aps devono avvalersi “in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati” ?

 

Al fine di valutare non tanto l’opportunità per una sportiva di diventare ente del terzo settore ma proprio la possibilità di farlo, l’individuazione di chi siano o possano essere considerati volontari, in conformità alla previsione dell’articolo 17 cts appare fondamentale.

 

Analogo ragionamento credo si possa fare per una filodrammatica, la quale va in scena in rappresentazioni a cui si accede mediante pagamento di un biglietto o dietro corrispettivo comunque versato dal promotore della iniziativa (ente locale, pro loco, ecc.).

 

Anche in questo caso avremo meno lavoratori (e sarebbe simpatico capire quale sarà la categoria, tra volontari e lavoratori, nella quale collocheremo i direttori artistici e i collaboratori tecnici ai quali vengono riconosciuti i compensi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m, Tuir) ma sicuramente degli associati nei quali prevale la finalità artistica piuttosto che quella solidaristica.

 

Al fine di evitare equivoci, in vista della prossima attivazione del Runts, una nota ministeriale di chiarimento sul concetto di volontariato, con particolare riferimento al mondo dello sport e della cultura, sarebbe gradita.

 

 


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