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La disciplina sui defibrillatori nello sport. Approfondimenti

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L’ormai imminente inizio della stagione sportiva 2017/18 impone, dopo la nostra circolare emanata nei giorni immediatamente successivi alla notizia dell’imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo dell’obbligo del defibrillatore nelle attività sportive, un ulteriore approfondimento.

 

Con decreto 26 giugno 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 149 del 28.06.2017 il Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dello sport ha diramato le linee guida sulla dotazione e l’utilizzo dei defibrillatori da parte di associazioni e società sportive dilettantistiche ponendo termine alle numerose proroghe nel frattempo succedutesi e facendo entrare in pieno vigore l’obbligo del salvavita nello sport.

 

La norma era stata introdotta nel nostro ordinamento con l’art. 5 del decreto 24.04.2013 del Ministero della Salute (in G.U. n. 169 del 20.07.2013) e la cui applicazione era stata più volte differita in attesa di chiarimenti sulle modalità con le quali detto obbligo poteva intendersi rispettato.

 

Numerosi erano i quesiti applicativi irrisolti che il citato decreto, meglio noto come Balduzzi, aveva lasciato irrisolti per gli operatori e che avevano costretto a differire, per oltre quattro anni, la piena entrata in vigore della disciplina.

 

Con il decreto in esame, emanato sentito il Coni, viene data una lettura che appare non esaustiva rispetto ai contenuti del decreto originario. Se, in partenza, veniva previsto che le società si sarebbero dovute dotare di defibrillatori e avere l’onere della manutenzione a proprio carico (art. 5 co. 6 D.M. 24.04.2013)  si ritiene che, ora, le modalità applicative introdotte dal nuovo decreto consistano nella verifica imposta alle associazioni e società sportive dilettantistiche, qualora e solo nel caso in cui utilizzino un impianto sportivo avente carattere permanente e definito sulla base di quanto previsto dall’art. 2 del decreto Ministero dell’Interno 18.03.1996 (“insieme di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso che hanno in comune i relativi spazi e servizi accessori preposti allo svolgimento di manifestazioni sportive” e che si dividono in impianti sportivi all’aperto e impianti sportivi al chiuso) che il medesimo sia dotato di defibrillatore automatico o a tecnologia più avanzata e che sia presente una persona debitamente formata all’utilizzo del dispositivo “durante le gare inserite nei calendari delle Federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate, durante lo svolgimento di attività sportive con modalità competitive ed attività agonistiche di prestazione organizzate dagli enti di promozione sportiva nonché durante le gare organizzate da altre società dilettantistiche”.

 

Stante l’assenza di una definizione più precisa di impianto sportivo si ritiene che debba essere considerato come tale quella struttura che sia stata omologata dalla Federazione sportiva nazionale, disciplina sportiva associata o ente di promozione sportiva e dalle medesima autorità che hanno provveduto al riconoscimento ai fini sportivi del sodalizio, ritenuta idonea allo svolgimento di prestazioni sportive a carattere agonistico.

 

Si ricorda che viene espressamente previsto che l’impianto debba essere a carattere permanente. Pertanto non potranno essere considerati ricompresi nella disposizione in esame le strutture provvisorie create per manifestazioni occasionali (vedi ad esempio impianti per giochi sulla sabbia tipo beach volley).

Pertanto i sodalizi sportivi dovranno verificare, “prima dell’inizio delle gare e per il tramite di propri referenti all’uopo incaricati” la presenza del defibrillatore e della persona debitamente formata. In assenza non si potrà dare inizio alla gara. Nonché sarà necessario verificare che sia stata effettuata la corretta manutenzione dell’apparato.

 

Pertanto nessuna sanzione potrà essere posta in capo alla società sportiva che non possegga un proprio defibrillatore, salva la circostanza che non potrà fare attività in impianti che non ne siano dotati e/o che non garantiscano la presenza di soggetto abilitato, evidentemente fatte salve le eventuali prescrizioni e sanzioni previste dall’ordinamento sportivo per la mancata disputa dell’incontro.

 

Le disposizioni non si applicano “alle gare organizzate dalle associazioni e società sportive dilettantistiche … al di fuori degli impianti sportivi” e per le attività a basso rischio cardiocircolatorio di cui al citato decreto ministeriale (bocce – escluse bocce in volo – biliardo, golf, pesca sportiva di superficie, caccia sportiva, sport di tiro, giochi da tavolo e sport assimilabili) e all’allegato A al decreto ( in cui ritroviamo le discipline del tiro, sia a segno che a volo, la pesca sportiva, le armi sportive, il biliardo, le bocce, la dama, in genere attività non praticate comunque nei centri sportivi).

 

Da tutto quanto sopra, sembra emergere che:

1.      nei centri e nelle palestre che non ospitano attività agonistiche non sussiste, almeno ai sensi della disciplina in esame, alcun obbligo di presenza del defibrillatore e del personale idoneo all’utilizzo. Per attività agonistica si deve intendere qualsiasi manifestazione sportiva, anche a carattere non ufficiale, che preveda un risultato e/o una classifica e/o una graduatoria e/o una premiazione

2.      per impianto sportivo a carattere permanente dovrà essere intesa una struttura omologata a tal fine da una Federazione sportiva nazionale, disciplina sportiva associata o ente di promozione sportiva o, comunque, ritenuta dal medesimo ente che ha provveduto al riconoscimento sportivo dei soggetti partecipanti, idonea, in maniera permanente ad ospitare manifestazioni sportive a carattere agonistico

3.      analogamente tale obbligo non sussiste durante gli allenamenti o per le manifestazioni sportive che abbiano luogo all’aperto (mare, strade, boschi), in aree in parole povere che non possono essere classificate come impianti sportivi in quanto non delimitate o circoscritte in maniera permanente

4.      il defibrillatore non dovrà essere, necessariamente, di proprietà della associazione o società sportiva così come il personale idoneo all’utilizzo può essere anche di terzi ma resta a carico della sportiva l’onere di verificarne l’esistenza, la manutenzione e la presenza delle risorse umane necessarie prima dell’inizio di ogni gara

5.      l’unica conseguenza prevista per gli impianti sportivi non dotati di defibrillatore sarà la loro non idoneità ad ospitare manifestazioni agonistiche

6.      la responsabilità della società sportiva (si ritiene quella ospitante) sussisterà solo se darà comunque inizio alla gara in assenza della verifica della presenza del defibrillatore e del personale formato per il suo utilizzo.

7.      La squadra ospitata si ritiene possa astenersi legittimamente dallo scendere in campo in assenza nell’impianto del dispositivo e del personale idoneo all’utilizzo. Si pone in tal caso il problema delle spese di trasferta sostenute da tale formazione. Potranno essere richieste? A primo avviso la risposta è negativa non sussistendo l’obbligo in capo all’ospitante o al gestore dell’impianto. Si tratterrà, poi, di vedere come le singole organizzazioni sportive disciplineranno al loro interno tale fattispecie.

 

A seguito della interrogazione presentata da alcuni parlamentari il Ministro per lo sport ha ricordato, testualmente che il decreto impone l’obbligo: “ alle società sportive dilettantistiche che utilizzano un impianto sportivo permanente a dotarsi di un defibrillatore: senza la presenza di un dispositivo salvavita semiautomatico o a tecnologia più avanzata l’impianto sportivo non potrà essere utilizzato né per le gare né per gli allenamenti” ampliando in maniera impropria il campo di azione del decreto agli allenamenti, di cui il testo normativo non fa cenno.

 

Ma, in più, ricorda che gli obblighi gravano solo sulle discipline sportive riconosciute dal Coni. Pertanto quelle attività non ricomprese nelle 385 riconosciute dal Coni (il Ministro nelle sue dichiarazioni fa ancora erroneamente riferimento al primo elenco del Coni che ne conteneva 396) sarebbero fuori dal decreto e, di conseguenza, dall’obbligo del defibrillatore anche in presenza di attività svolta con modalità competitive..

 

Ma tali riferimenti non tengono conto della legislazione regionale che si è nel frattempo formata in materia. Ad esempio la Regione toscana con propria legge 9.10.2015 n. 68 e successivo decreto di attuazione 22.06.2016 n. 38 aveva già previsto un ben più ampio obbligo del salvavita, posto in capo ai gestori di impianti sportivi, a prescindere dal tipo di attività che venisse svolta all’interno.

 

Possiamo quindi ritenere poste fuori dall’obbligo le palestre o i centri sportivi che non ospitano attività competitive?

 

La risposta è sicuramente negativa per coloro i quali risiedono in una regione che abbia autonomamente disciplinato la materia.

 

Ma, probabilmente, non lo sono neanche gli altri, stando che le linee direttive del decreto Balduzzi, allegate al decreto del 2013 e mai venute meno, ne segnalavano comunque l’obbligo in tutte le strutture sportive.

 

Infatti l’ultimo comma del punto 3 delle linee guida allegate al decreto del 2013 testualmente riporta: “ Fermo restando l’obbligo della dotazione di DAE da parte di società professionistiche e dilettantistiche, si evidenzia l’opportunità di dotare, sulla base dell’afflusso degli utenti e di dati epidemiologici, di un defibrillatore anche i luoghi quali centri sportivi, stadi palestre, ed ogni situazione nella quale vengono svolte attività in grado di interessare l’attività cardiovascolare.

 

Ne deriva che potrebbe essere chiamato a rispondere il gestore di palestra o di impianto sportivo che, pur non ospitando attività agonistica, preveda al proprio interno lo svolgimento di discipline che non siano tra quelle a basso rischio cardiocircolatorio.

 

Si ricorda, inoltre, che ove l’apparato salvavita sia collocato all’interno di una autombulanza, sarà necessario indicare all’interno dell’impianto dove la stessa è parcheggiata per consentire l’immediata reperibilità del defibrillatore.

 

Finiti i dubbi. Purtroppo no.

 

Infatti l’altro problema è il titolo abilitativo che dovrà essere posseduto dall’addetto all’apparato salvavita. E’, infatti, universalmente riconosciuto come sufficiente il c.d. brevetto BLSD (Basic Life Support Defibrillation). Le stesse linee guida allegate al decreto Balduzzi al punto 4.2 sotto la rubrica formazione letteralmente riportano al quarto comma: “ I corsi di formazione metteranno in condizione il personale di utilizzare con sicurezza i DAE e comprendono l’addestramento teorico pratico alle manovre di BLSD (Basic life support and defibrillation) anche pediatrico quando necessario”.

 

Ma il comma 7 dell’art. 5 del decreto del 2013, nella sua seconda parte, testualmente riporta: “Il Coni, nell’ambito della propria autonomia, adotta protocolli di pronto soccorso sportivo defibrillato (PSSD) della Federazione Medico Sportiva”. Pertanto sembra che il Coni sia stato delegato ad individuare, per le proprie specifiche attività, quale sia il livello formativo minimo previsto per gli addetti al salvavita

 

Questo inciso viene richiamato nella circolare Coni del 4 luglio 2017 dove si ricorda che per persona debitamente formata all’utilizzo del dispositivo al fine del rispetto della norma si dovrà: “fare riferimento a quanto previsto dall’art. 5 comma sette del decreto ministeriale 24 aprile 2013”.

 

Tale necessità risulta anche confermata dalla circolare del 16 giugno 2017 della Federazione Medico sportiva Italiana, a firma del Segretario Generale la quale espressamente riporta che: “ in virtù del decreto sopra richiamato il solo corso di BLS, il solo uso del defibrillatore, non è sufficiente per le società sportive che devono essere formate anche nel primo soccorso sportivo”.

 

Di conseguenza potrebbe “non essere sufficiente” avere nell’impianto una persona che abbia fatto solo il corso BLSD.

 

Si ricorda, infine, il punto 4.5 delle linee guida allegate al decreto del 2013 che prevede che: “l’attività di soccorso non rappresenta per il personale formato un obbligo legale che è previsto soltanto per il personale sanitario”.   

 

   


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