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La Legge 398/1991 e le prestazioni connesse – I° parte

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La lettura della pubblicazione, avvenuta nello scorso 2015, di una guida, da parte della Direzione regionale del Piemonte della Agenzia delle entrate, dal titolo “Associazioni sportive dilettantistiche: come fare per non sbagliare”, creò, tra le associazioni e società sportive dilettantistiche e gli altri enti senza scopo di lucro che avevano fatto l’opzione per l’applicazione della L. 398/1991, un “timore”. Veniva, infatti, per la prima volta, introdotto il concetto di corrispettivo commerciale connesso alle attività istituzionali, come tale rientrante nel campo di applicazione della citata disposizione legislativa, distinto da quello non connesso, come tale escluso.

 

Tale distinguo veniva poi ribadito dalla circolare AdE 18/E/2018. Detto provvedimento di prassi amministrativa entrava nel merito, fornendo anche una casistica ampia e circostanziata, di quali fossero le tipologie di proventi, per una associazione o società sportiva dilettantistica, da ritenere “connessi” rispetto ad altri.

 

Fra questi venivano ricompresi quelli derivanti da: “somministrazione di alimenti e bevande effettuata nel contesto dello svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica, dalla vendita di materiali sportivi, di gadget pubblicitari, dalle sponsorizzazioni, dalle cene sociali, dalle lotterie”. Evidentemente esclusi tutti quelli non strettamente collegati, direttamente o indirettamente, all’evento sportivo.

 

È importante sottolineare che l’Agenzia aveva ritenuto non ricomprese, invece, tra le attività connesse, “corsi per attività sportive che non rientrano nell’ambito delle discipline sportive riconosciute dal Coni”.

 

Fino ad allora, e si oserebbe dire fino ad oggila prassi applicativa aveva ritenuto tutti i proventi commerciali percepiti dall’ente senza scopo di lucro, indifferentemente, soggetti alla L. 398/1991, sia ai fini Iva che ai fini dei redditi.

 

La presa di posizione della Amministrazione Finanziaria ha portato molti commentatori a ritenere che gli enti che avevano fatto l’opzione per la L. 398/1991 a questo punto avrebbero dovuto gestire, di fatto, tre contabilità: quella per le attività istituzionali, quella per le attività commerciali connesse in regime 398/1991 e quelle non connesse in regime ordinario, sia ai fini iva che delle imposte sul reddito.

 

Il presupposto normativo della posizione assunta dalla Amministrazione finanziaria appariva essere l’articolo 9, comma 1, D.P.R. 544/1999, secondo il quale le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che optavano per il regime agevolativo di cui alla L. 398/1991 applicavano “per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio delle attività commerciali connesse agli scopi istituzionali” le disposizioni previste dall’articolo 74, comma 6, D.P.R. 633/1972 (ossia la forfettizzazione del cinquanta per cento dell’iva incassata ad eccezione della cessione di diritti radiotelevisivi, per i quali l’abbattimento si riduce a un terzo).

 

Da detti presupposti legislativi e di prassi amministrativa, in via interpretativa si è ritenuto che ai proventi commerciali non connessi con le finalità istituzionali non potesse applicarsi in toto la L. 398/1991, sia ai fini reddituali che ai fini Iva.

 

Si ritiene che, in realtà, dalla lettura delle indicazioni provenienti dalla Amministrazione e, principalmente da quella delle norme che disciplinano la materia si possa arrivare ad una conclusione parzialmente diversa.

 

Il documento della Direzione piemontese indica che, per i soggetti che hanno optato per l’applicazione della L. 398/1991, “si applica il coefficiente di redditività del tre per cento al totale dei proventi conseguiti nell’esercizio dell’attività commerciale”. Mentre, ai fini Iva: “per applicare il regime forfetario nell’ambito delle operazioni rilevanti ai fini iva occorre distinguere tra le operazioni direttamente connesse e quelle non direttamente connesse agli scopi istituzionali.”

 

La circolare AdE 18/E/2018 prevede che: “il reddito imponibile delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che hanno optato per il regime agevolativo previsto dalla stessa legge n. 398, viene determinato applicando all’ammontare dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività nella misura del 3 per cento, … le società sportive dilettantistiche… devono applicare il coefficiente di redditività del 3 per cento su tutti i proventi e componenti positivi che concorrono a formare il reddito complessivo ai sensi dell’articolo 81 del TUIR, escluse le plusvalenze patrimoniali….”.

 

Mentre invece, ai fini iva, la citata circolare indica che: “ai soggetti che hanno optato per la legge n. 398 del 1991, il regime forfetario Iva di cui all’articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972 si applica per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali “connesse agli scopi istituzionali” (v. articolo 9, comma 1, del DPR n. 544 del 1999). L’applicazione del regime agevolativo di cui alla legge n. 398 del 1991 è, pertanto, limitato alle prestazioni commerciali connesse alle attività istituzionali svolte associazioni o società sportive dilettantistiche senza fini di lucro. In sostanza, se un’associazione o società sportiva dilettantistica senza fini di lucro svolge un’attività commerciale autonoma e distinta da quella istituzionale, la stessa non può usufruire, per detta attività, del regime agevolato in argomento”.

 

Come si evince, l’Agenzia indica un trattamento differenziato sui proventi commerciali non connessi per i soggetti che applicano la L. 398/1991 solo ai fini Iva.

 


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