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Prime considerazioni sulla riforma del lavoro sportivo dilettantistico

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Permane l’incertezza sulla disciplina del lavoro sportivo che dovrà essere applicata a partire dal prossimo 1° gennaio 2023. Infatti, il tanto atteso testo del correttivo al D.Lgs. 36/2021 continua a latitare.

 

Ricordiamo che manca ancora l’approvazione, in prima lettura, da parte del Consiglio dei Ministri che possa dare il via all’iter finale di approvazione (parere consultivo delle commissioni parlamentari competenti e della conferenza Stato-Regioni, oltre al voto finale, nuovamente da parte del Governo).

 

Pertanto, se ci sarà correttivo, questo vedrà la sua definitiva approvazione a ridosso della sua entrata in vigore e conseguente applicazione.

 

Questo sta impedendo ogni programmazione al mondo dello sport che si trova impossibilitato, non avendo certezze sul “costo lavoro”, sia a formulare i propri budget di attività sia a redigere i piani economico-finanziari necessari per la partecipazione alle procedure di assegnazione degli impianti sportivi pubblici.

 

E, sul tutto, grava l’interpretazione dell’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir fornita dalla Corte di Cassazione, che prevede l’utilizzo della norma agevolativa solo in presenza di attività che non sia quella principale del “lavoratore”, ribadendo, con efficacia interpretativa e quindi con effetto anche sul passato, la tesi della inapplicabilità della disciplina dei redditi diversi a lavoratori che svolgono con continuità l’attività sportiva dilettantistica.

 

Ma alla luce di qualche indiscrezione nel frattempo trapelata, della circostanza che trattasi di “correttivo” e che, pertanto non potrà la novella “stravolgere” l’impianto dell’attuale D.Lgs. 36/2021, nonchè di alcuni documenti di prassi amministrativa pubblicati recentemente dalla Agenzia delle entrate, qualche prima considerazione riteniamo possa essere fatta.

 

La prima è quella che, di fatto, si riduce fino quasi ad annullarsi la differenza tra sport professionistico e sport dilettantistico.

 

Per entrambe le fattispecie avremo che le prestazioni sportive a carattere oneroso saranno da inquadrare come prestazioni di lavoro, autonomo o subordinato a seconda dei casi, entrambe prevedranno il regime di svincolo per gli atleti, anche le società dilettantistiche potranno procedere ad una parziale distribuzione degli utili e il socio recedente potrà valorizzare la sua quota a valore di bilancio.

 

Scompaiono i compensi sportivi disciplinati solo sotto il profilo fiscale, quelli che abbiamo applicato (male, come ci ha detto la Cassazione) fino ad oggi e scompaiono anche gli “amatori”, altra figura ibrida presente nel vigente D.Lgs. 36/2021.

 

Quindi avremo solo “volontari” (che sono coloro i quali non percepiscono alcun tipo di compenso per l’attività svolta). Per costoro dovrà solo essere garantita, in aggiunta alle polizze assicurative connesse al tesseramento, la copertura per responsabilità civile verso terzi.

 

I lavoratori retribuiti di un centro sportivo si divideranno in due grandi famiglie:

 

  • i lavoratori “ordinari”, che saranno coloro i quali svolgono mansioni non riconosciute come sportive dal decreto in esame o dagli enti affilianti di competenza (ad esempio: custodi, manutentori, addetti alle pulizie, al pro shop, al punto di ristoro, all’area benessere, ecc.) nei cui confronti si applica la disciplina ordinaria del rapporto di lavoro,
  • e i “lavoratori sportivi” intendendosi come tali allenatori, istruttori, atleti, direttori sportivi, direttori tecnici nei cui confronti, invece, si applicherà la disciplina prevista dal nuovo decreto.

 

Qui si pone il tema del dover inquadrare il rapporto di lavoro che, secondo quanto prevede la norma, potrà costituire rapporto di lavoro autonomo, subordinato o collaborazione coordinata e continuativa.

 

Probabilmente questa appare essere la criticità prevalente che rimarrà anche dopo il correttivo.

 

La volontà di arrivare ad una tipizzazione di tutto il rapporto di lavoro sportivo (inquadrandolo sempre e comunque come collaborazione coordinata e continuativa), richiesta a gran voce, sembra che non sia stata accolta dal legislatore.

 

Pertanto, salva l’introduzione di alcune presunzioni e l’importante lavoro preventivo che si potrà fare con la certificazione dei contratti sportivi, questa incertezza permarrà come connotato “negativo” della riforma.

 

Rimane confermata anche la figura delle amministrativo-gestionali con la medesima disciplina prevista per i lavoratori sportivi.

 

Nel frattempo, è giunta notizia che il CCNL sul lavoro negli impianti sportivi e palestre, sottoscritto da Confcommercio come parte datoriale e dalle organizzazioni di settore di Cgil, Cisl e Uil come parti sindacali è stato prorogato fino al 31.12.2023 con alcune modifiche, in particolare sui minimi tabellari.

 

Questo significherà, ad esempio, che le prestazioni medie di un istruttore inquadrato al terzo livello dovranno essere retribuite, sulla base di 40 ore di prestazione settimanale, ad un minimo di euro 1.450,36 lordo a partire dal prossimo primo ottobre; minimo a cui le sportive del terzo settore dovranno a maggior ragione attenersi ai sensi di quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, del codice del terzo settore.

 


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