Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale lo scorso 31 dicembre, è ormai pienamente in vigore la L. 145/2018che reca il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019.
Numerosi sono gli interventi normativi che incidono sulla gestione degli enti senza scopo di lucro.
Proviamo ad analizzare le novità.
L’articolo 1, comma 51, L. 145/2018 reca l’abrogazione dell’articolo 6 D.P.R. 601/1973. La norma consentiva la riduzione al cinquanta per cento dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (oggi Ires) nei confronti degli enti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficienza, enti culturali in genere dotati di personalità giuridica.
La reazione del mondo del volontariato all’entrata in vigore di questa norma è stata molto forte, tanto da indurre illustri esponenti del Governo a preannunciare una “marcia indietro” con un futuro provvedimento legislativo teso a ripristinare l’agevolazione, che, comunque oggi è da intendersi abrogata.
La norma già non avrebbe comunque trovato applicazione nei confronti degli enti del terzo settore, in virtù di quanto previsto dall’articolo 89, comma 5, D.Lgs. 117/2017 (c.d. “codice del terzo settore”) a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, del codice citato, e comunque non prima del periodo di imposta successivo alla operatività del registro unico nazionale del Terzo settore.
L’articolo 1, comma 56, L. 145/2018 abroga l’articolo 10, comma 2, D.L. 119/2018 (convertito con L. 136/2018).
Trattasi della norma, già criticata (si veda, a tal proposito, il precedente contributo “Il decreto fiscale e le novità per gli enti non commerciali”), che poneva in capo ai cessionari gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi ai contratti di sponsorizzazione e pubblicità posti in essere dalle società e associazioni sportive dilettantistiche che avessero optato per gli adempimenti di cui alla L. 398/1991.
Il venir meno di questa norma non risolve, però, i numerosi dubbi interpretativi che ancora sono legati all’applicazione del comma precedente che esonera dall’obbligo della fattura elettronica tutti gli enti senza scopo di lucro che abbiano optato per la L. 398/1991 “e che nel periodo di imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000” prevedendo, invece, in presenza di maggiori ricavi la necessità di assicurarsi “che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo di imposta”.
I punti oscuri della norma, sui quali appare necessario un urgente chiarimento, sono i seguenti:
A questo punto una riflessione si impone.
Essendo questa una norma che, nelle originarie intenzioni, doveva avere ragioni di semplificazione, che così non appare alla luce dei numerosi dubbi sopra elencati che inducono al rischio di non applicarla correttamente, la scelta potrebbe essere quella di decidere, da parte degli enti che applicano la L. 398/1991 di non applicarla e di procedere sempre e comunque, in presenza di ricavi commerciali, ad emettere fattura elettronica.
Non credo che un comportamento di questa natura possa essere in alcun modo sanzionato e ritengo che oggi, in presenza delle perplessità sopra evidenziate, questo costituisca per le associazioni, il comportamento più conveniente e meno rischioso.