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La gestione delle risorse umane alla luce della riforma dello sport – quinta parte

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La definizione del rapporto di lavoro degli istruttori sportivi è quella che, nell’ambito di un centro sportivo, presenta le maggiori difficoltà qualificatorie.

 

Se per alcune tipologie di lavoro presenti nel centro sportivo (ad esempio gli addetti al ricevimento, alle manutenzioni, alle pulizie) sembra, con tutte le cautele del caso, potersi ritenere prevalente la configurazione del lavoro subordinato “ordinario, cioè non sportivo”, la figura professionale, dall’inquadramento più complesso, è sicuramente quella dell’istruttore.

 

Tant’è, ad esempio, che nell’ambito dei maestri di tennis esistono entrambe le figure: sia quella del maestro quale lavoratore autonomo che quale lavoratore subordinato.

 

Anche qui alcuni datati documenti di prassi amministrativa ci possono essere di aiuto. Il Ministero del Lavoro, con propria comunicazione del 16.07.1987 prot. n. 7/51364/OA-3, ed in particolare con la circolare n. 218 del 14.11.1996 si è espresso su tale materia cercando di individuare criteri uniformi per la valutazione della sussistenza, ai fini contributivi, di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato tra i singoli docenti e i relativi istituti, applicabile come tale anche all’insegnamento sportivo.

 

Pertanto, dopo aver premesso la possibilità di costituire rapporti di natura professionale autonoma in relazione a particolari esigenze, il Ministero ha ritenuto che dovrà escludersi il carattere di subordinazione in presenza dei seguenti elementi obiettivi:

 

1) mancata imposizione al docente di un orario stabilito da parte della scuola;

2) compenso determinato in relazione alla professionalità ed alle singole prestazioni;

3) assenza di vincoli e di sanzioni disciplinari;

4) libera scelta, da parte del docente delle modalità tecniche per la trattazione degli argomenti;

5) volontà dei contraenti diretta ad escludere la subordinazione.

 

Detti criteri sono stati peraltro ribaditi dall’Inps, Direzione Centrale Contributi, con la circolare n. 210 del 28.10.1997, assumendo l’orientamento sopra riportato ed espresso dal Ministero del Lavoro.

 

È, pertanto, opportuno che al momento della conclusione di un accordo con un proprio istruttore sportivo i gestori dei circoli tengano nella giusta considerazione le osservazioni del Ministero.

 

Lo stesso Ministero, con propria lettera circolare n. 5/25576/70 sub AU del 06.04.1988, aveva affrontato l’argomento con specifico riferimento ai “maestri di discipline sportive ed animatori di villaggi turistici“.

 

Viene sottolineato come, nei casi in cui la fattispecie non consenta di identificare con certezza l’esistenza della subordinazione, soccorrano altri criteri, quali incidenza del rischio economico, oggetto della prestazione del lavoro dedotto nel rapporto, forma e modalità del corrispettivo; criteri questi che assumono solo un valore indiziario ed in tale senso dovranno essere valutati.

 

Il Ministero conclude sottolineando, conformemente a tutta la più recente Giurisprudenza, la necessità di evidenziare, in presenza di criteri paritetici tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, quale sia stata la volontà contrattuale delle parti all’atto della instaurazione del rapporto.

 

Pertanto la dichiarazione di volontà delle parti in ordine al contenuto del rapporto non va considerata avulsa dal contesto interpretativo e deve tenersi conto del reciproco affidamento che essa crea tra le parti contraenti.

 

Il nomen iuris adottato dalle parti, pur non essendo decisivo, assume rilevanza quando lo schema contrattuale formalmente utilizzato non appaia incongruo rispetto alla realtà obiettiva e quando le modalità di svolgimento del rapporto, confermando la qualificazione data dalle parti, non contraddicano il tenore della volontà negoziale.

 

Ne consegue l’opportunità, ai fini probatori, che la conclusione dell’accordo con un istruttore, o collaboratore in genere, in specie se di natura autonoma, venga consacrata in un contratto scritto.

 

In tal caso, se le parti hanno esplicitamente dichiarato, nel regolare i reciproci interessi, di volere escludere l’elemento della subordinazione non si può pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto stesso, se non si dimostra che in concreto la subordinazione si sia di fatto realizzata nello svolgimento del rapporto.

 

Individuato il primo passaggio logico, ove la conseguenza è che il lavoratore sportivo sia da considerare un lavoratore subordinato, ne discenderà l’applicazione dell’articolo 26 D.Lgs. 36/2021 che, sostanzialmente, amplia ai dilettanti la disciplina già prevista dalla L. 91/1981 per i professionisti.

 

Non troveranno applicazione alcuni istituti dello statuto dei diritti dei lavoratori, tra cui il noto articolo 18, espressamente elencati al primo comma.

 

I contributi previdenziali dei dilettanti dovranno essere versati al rinominato fondo pensione dei lavoratori sportivi, a cui accederanno i lavoratori professionisti, sia subordinati che autonomi, nonché i dilettanti subordinati.

 

Si ricorda che viene introdotta, per gli atleti, sia dilettanti che subordinati, la possibilità di stipulare contratti di apprendistato.

 

 


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