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La nuova legge delega sul terzo settore

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È stata approvata dal Parlamento, in via definitiva, la legge delega di riforma del terzo settore. Se appare indubbio che il giudizio complessivo sulla manovra potrà essere dato solo quando si potranno esaminare anche i decreti attuativi del provvedimento, qualche considerazione sul testo della legge già può essere svolta.

 

Sicuramente non si può fare a meno di partire da quella che appare essere la prima definizione in “positivo” di terzo settore: (articolo 1 comma 1) “Per terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche, e di utilità sociale e che in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni o servizi”. Il primo dubbio è se, in tale definizione, siano ricomprese anche le prestazioni sportive. La risposta affermativa, oltre che dalle affermazioni dei relatori del provvedimento, può ricavarsi dalla previsione indicata all’articolo 4, comma 1, lett. b), laddove si indica che debbano essere individuate le attività che costituiscono requisito per l’accesso alle agevolazioni e viene indicato che esse verranno ricercate “sulla base dei settori di attività già previsti dal decreto legislativo 4 dicembre 1997 n. 460”. La disciplina citata, che ricordiamo riguarda le Onlus, prevede anche lo sport dilettantistico, anche se, in questo caso, solo se rivolto alle categorie disagiate.

 

Quattro appaiono i capisaldi della riforma (articolo 1 comma 2):
• la revisione della disciplina sugli enti senza scopo di lucro di cui al primo libro del codice civile;
• la redazione di un testo unico del terzo settore che comprenda anche la disciplina tributaria applicabile a tali enti;
• la revisione della disciplina in materia di impresa sociale;
• la revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale.
La riscrittura della disciplina civilistica degli enti dovrà essere indirizzata a:
• semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica;
• definire le informazioni obbligatorie da inserire negli statuti;
• definire gli obblighi di trasparenza attraverso “forme di pubblicità dei bilanci”, anche con la pubblicazione sul sito internet istituzionale.

 

Alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa si applicano le norme sull’impresa del quinto libro del codice civile.

 

Non vi è dubbio che la semplificazione dell’iter per il riconoscimento, per le associazioni, della personalità giuridica, appare finalità da perseguire con assoluto vigore. I diversi atteggiamenti assunti dalle singole Regioni sulla materia e il diverso ammontare del patrimonio associativo richiesto producono una disparità geografica del tutto ingiustificata e un ricorso a forme più evolute (ma per gli enti anche più costose quali possono essere ritenute, per le sportive, le società di capitali o cooperative) al solo fine di ottenere la responsabilità limitata (basti confrontare l’irrilevanza del patrimonio necessario a costituire una cooperativa sportiva rispetto agli oltre ventimila euro mediamente richiesti per il riconoscimento in capo ad una associazione).

 

Lo stesso dicasi per i contenuti degli statuti. La disciplina civilistica contiene indicazioni obbligatorie per gli statuti degli enti difformi da quanto richiesto, ad esempio, dall’articolo 148 del Tuir per gli enti associativi che intendano defiscalizzare i corrispettivi specifici versati dagli associati. Creare clausole standard che possano valere, sia ai fini della iscrizione nei registri delle associazioni di promozione sociale, che nel registro Coni delle sportive e che, come tali, diano titolo alle agevolazioni fiscali, appare percorso virtuoso e del tutto praticabile.

 

Deve essere visto in termini positivi anche il riferimento alla pubblicità dei bilanci. Assodato che ne risulta obbligatoria la compilazione, la circostanza che, come già accade per le società di capitali e cooperative sportive, anche le associazioni lo debbano trasmettere al registro imprese di riferimento costituisce efficace strumento di trasparenza sul presupposto che solo la corretta redazione di questo documento ci consente di poter verificare il corretto rispetto dell’assenza di scopo di lucro.

 

Inoltre, sotto il profilo civilistico viene prevista la necessità di:
• disciplinare il regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche e la responsabilità degli amministratori, tenendo anche conto del rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento degli enti medesimi;
• disciplinare il diritto dei soci alla informazione, partecipazione e impugnazione degli atti deliberativi e il rispetto delle prerogative dell’assemblea, prevedendo limiti alla raccolta delle deleghe;
• prevedere la possibilità di trasformazione tra associazione e fondazione.

 

Le modifiche indicate nella prima parte di questo contributo possono lasciare alcune perplessità sotto il profilo della tecnica legislativa utilizzata (decreto delegato che, con ogni probabilità, andrà a modificare la disciplina del codice civile sulle associazioni), ma rimangono, se e ove attuate con logica conseguenzialità, un presupposto ormai non ulteriormente rinviabile di modifica della legislazione sul terzo settore.

 

Esaminiamo, ora, le novità che si presentano sotto il profilo amministrativo:
• individuare criteri che consentano di distinguere, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, la diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell’oggetto sociale e definire criteri e vincoli in base ai quali l’attività di impresa svolta dall’ente in forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali;
• disciplinare gli obblighi di controllo interno anche ai fini della applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo 231/2001 nonché prevedere il relativo regime sanzionatorio;
• armonizzazione e coordinamento delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale valorizzando i principi di gratuità, democraticità e riconoscendo la specificità e le tutele dello status di volontario;
• introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa.

 

Il primo principio potrebbe sottendere, come del resto già avviene ora per le imprese sociali di cui al D.Lgs. 155/2006, la possibile introduzione dell’obbligo del bilancio sociale. Ciò per dimostrare la ricaduta, in termini di crescita per la collettività, dell’attività svolta dall’ente in esame. Viene confermata la tendenza, già introdotta dalla disciplina sulle Onlus, di richiedere agli enti del terzo settore una sempre maggiore attenzione agli aspetti contabili. L’obiettivo possibile appare essere quello di voler defiscalizzare gli utili prodotti da tali soggetti, per il loro obbligo di reinvestimento delle attività prodotte, garantendo però che tutti i terzi che cedano beni o servizi a detto ente provvedano a dichiarare i proventi così conseguiti. Viene giustamente evidenziata la responsabilità dell’ente ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001.

 

Viene, infine, prepotentemente in ballo il problema del concetto di volontariato. Ossia se detta prestazione debba essere sempre a carattere gratuito (come accade oggi per gli associati delle organizzazioni di volontariato) o possa anche, come accade ad esempio nello sport, legittimare compensi apparentemente senza limite (si ricorda che i compensi sportivi hanno, per i soci, il solo limite del lucro indiretto).

 

L’articolo 9 articolo fornisce le direttive in materia di misure fiscali e di sostegno economico prevedendo:
a) una revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali e l’introduzione di un regime tributario di vantaggio che tenga conto delle finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale dell’ente;
b) una razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità dal reddito e detraibilità dall’imposta delle erogazioni liberali ai soggetti del terzo settore;
c) una riforma strutturale della destinazione del cinque per mille alla razionalizzazione dei regimi fiscali e contabili semplificati;
d) indicatori di trasparenza e pubblicità delle risorse ad esso destinate.

 

Il contenuto della lettera a) introduce un possibile rischio per molte attività sportive. Ossia i sodalizi che svolgono esclusivamente una attività “mutualistica” a servizio e a vantaggio dei soli associati (come accade in molti circoli di sport individuali quali tennis, vela, golf, ecc.), per i quali, quindi, diventa difficile recepire vantaggi solidaristici o di utilità sociale; pertanto, essi potrebbero vedersi esclusi dalla riscrittura di queste agevolazioni. Sicuramente opportuna appare la revisione del meccanismo di deducibilità e detraibilità delle erogazioni liberali (che, fino ad ora, almeno nel mondo sportivo hanno suscitato un interesse molto parziale) mentre andrà incentivata quella relativa a servizi, quali ad esempio i corsi sportivi, che invece, ha rispettato pienamente le attese e gli obiettivi per i quali era stata introdotta.

 

Altra area a rischio per il mondo dello sport potrà essere legata alla riforma strutturale del cinque per mille che, anche in questo caso, potrebbe non essere più alla portata di sodalizi sportivi preposti solo alla mutualità in favore dei propri associati. Verrà poi richiesto di dare adeguato risalto all’utilizzo che, dei fondi del cinque per mille, viene fatto dagli enti beneficiari.

 

L’introduzione del servizio sociale potrà essere di interesse solo una volta valutati i compensi che saranno riconosciuti a coloro i quali sceglieranno questa strada e che tipo di agevolazione sarà loro prevista per il successivo ingresso nel mondo del lavoro.

 

La fondazione Italia sociale appare l’unico istituto previsto dalla nuova legge di cui non si sentiva la mancanza. Speriamo di essere smentiti.

 

 


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