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Le prestazioni di servizi tra enti sportivi – II° parte

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Dopo aver definito i presupposti sulla base dei quali l’Agenzia riconosce il diritto al godimento della agevolazione di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir alla cessione dei diritti sulle prestazioni degli atleti, rimane il problema, non risolto nel quesito che faceva espresso riferimento solo all’Ires, del trattamento di detta cessione ai fini Iva.

Per quanto attiene all’ Iva, è la stessa L. 398/1991 a rendere imponibili, seppur con aliquota ridotta (con successivi provvedimenti uniformata, oggi, alla aliquota base), le cessioni in questione.

La norma di cui all’articolo 4 L. 398/1991, che, in quanto speciale e successiva, deroga all’articolo 4 D.P.R. 633/1972, prevede quanto segue: Le cessioni dei diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate dalle associazioni sportive di cui alla presente  legge sono soggette all’imposta sul valore aggiunto con  l’aliquota  del  9 per cento”.

Le associazioni indicate dalla legge sono quelle dilettantistiche. L’applicabilità anche alle società sportive dilettantistiche deriva dalla previsione dell’articolo 90, comma 1, L. 289/2002.

Che l’operazione rientri nel campo di applicazione dell’Iva, tra l’altro, lo conferma, in via residuale, anche il tenore dell’articolo 3, comma 2, numero 2), D.P.R. 633/1972, posto che lo stesso annovera, fra gli atti assoggettati al tributo, “le cessioni […] relative a diritti o beni similari ai precedenti”, laddove, in precedenza, la stessa norma fa riferimento alle cessioni di diritti e beni immateriali.

Va da sé – ma giova comunque rammentarlo – che l’assoggettamento ad Iva dei corrispettivi in questione non può che dipendere dalla circostanza che gli enti protagonisti dello scambio configurino, per presenza di attività commerciale, il requisito soggettivo dell’imposta (articolo 4 D.P.R. 633/1972).

Tale tesi appare confermata anche da un documento di prassi amministrativa del 2015 proveniente dalla Direzione Regionale delle Entrate del Friuli Venezia Giulia (“prime risposte ai quesiti posti dalle associazioni sportive dilettantistiche del Friuli Venezia Giulia”), che, a fronte di specifico quesito, così letteralmente risponde: “Nel caso di trasferimento di un atleta tra ASD, se la somma viene riconosciuta a fronte di una obbligazione (nel caso specifico l’obbligazione a rilasciare il nulla osta al nuovo tesseramento), esistono i presupposti di un’operazione di natura commerciale e pertanto, in quanto tale, imponibile ai fini delle imposte dirette e assoggettabile ai fini Iva (con emissione di fattura). Qualora l’associazione abbia optato per la Legge 398/1991, l’Iva andrà versata al 50% e la somma percepita costituirà plusvalenza tassabile”.

L’Agenzia, poi, arriva alle medesime conclusioni esaminando, per quelle discipline sportive i cui regolamenti federali la consentano, la fattispecie della cessione dei diritti sportivi.

Anche in questo caso viene ritenuta “conforme alle attività istituzionali” e, pertanto, ove sussistano i requisiti soggettivi ricordati nella prima parte di questo lavoro, si potrà applicare l’agevolazione della decommercializzazione ai fini dei redditi di cui all’articolo 148 Tuir. L’unica condizione che viene inserita è che la società cedente non si sciolga a seguito di detta cessione ma prosegua, in altre categorie, la propria attività agonistica.

In tal caso, si ritiene non vi siano cause ostative all’applicazione, ai fini dell’iva, dell’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972 e ritenere l’importo integralmente sottratto ad ogni imposizione.

Altra fattispecie di rilievo, non esaminata dal documento di prassi amministrativa, è la cessione di spazi attrezzati per lo svolgimento di una attività sportiva da parte di una associazione o società sportiva che gestisce un impianto ad altra realtà dilettantistica interessata a fare la propria attività all’interno del medesimo impianto.

Qui si porrà un problema ulteriore. Le norme agevolative prevedono infatti che le parti debbano far parte di “un’unica organizzazione locale o nazionale”. Si ritiene che questo capostipite comune non possa essere il Coni in quanto, dopo la riforma Melandri, le Federazioni non ne sono più organi e gli enti di promozione sportiva non lo sono mai stati.

Quindi, affinché possa scattare la disciplina di favore in esame, sarà necessario che entrambe le parti siano affiliate alla medesima Federazionedisciplina sportiva associata o ente di promozione sportiva.

Assodato che sussistano i requisiti soggettivi (affiliazione al medesimo ente, statuto conforme all’articolo 148, comma 8, Tuir e invio del modello EAS), si pone il problema se tale attività possa ritenersi conforme o meno “alle finalità istituzionali”.

La risposta va ricercata nell’analisi sul “se” l’attività sportiva dilettantistica comprenda anche, o meno, la gestione e l’eventuale locazione di spazi sportivi.

Sull’utilizzatore degli spazi non sembra possa esserci dubbi; qualche perplessità potrebbe nascere sulla conformità da parte del soggetto gestore dell’impianto che dovrebbe, in linea teorica, utilizzarlo in proprio e non locarlo a terzi.

Pertanto, anche in questo caso, di notevole diffusione, appare auspicabile un intervento interpretativo da parte dell’Agenzia.

 

 


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